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Lasciamoli giocare

Mi è capitato spesso di osservare come gli adulti (genitori, insegnanti, nonni) prendessero parte al gioco simbolico dei bambini e come cercassero di indirizzarli verso strade più rassicuranti per loro.

Lo notavo perchè mi ricordo ancora quando da piccola vivevo come manipolazioni le intrusioni dei grandi nei miei giochi.

Ho sempre preso seriamente i giochi dei bambini e mi lasciavo guidare completamente, aggiungendo parti quando intuivo che era lì che mi volevano portare. Nonostante questo, a volte, insieme alle mie colleghe, mi sono trovata ad interrogarmi su alcuni modi di giocare che osservati attraverso la propettiva dell'adulto potevano essere interpretati come diseducativi. Mi sono resa conto che di solito questo accade quando le paure e le ansie personali dell'adulto (che possono anche apparire sotto forma di ideali di vita e di comportamento) vengono proiettate nel gioco del bambino.

Il gioco simbolico è uno strumento che i bambini utilizzano per interpretare la realtà, per appropriarsi dei suoi meccanismi, per comprendere gli adulti, rivivere conflitti, elaborare vissuti particolarmente pesanti.

Un treenne che vuole “far piangere” un pupazzo ogni volta che sente un rumore forte, non è un bambino che prova gioia nel vedere soffrire gli altri, ma un bambino che sta trovando il modo di affrontare una sua paura in una situazione protetta, che è quella della finzione.

Una bambina che sta facendo l'inserimento alla scuola dell'infanzia, a casa potrebbe volere ripetere l'esperienza, assegnando ruoli a pupazzi o genitori per elaborare il momento della separazione e del pianto. Lo replicherà finchè non avrà superato l'angoscia del distacco, questa ripetizione è sana e necessaria. Ma se il papà o la mamma provassero dei sensi di colpa per questo evento allora potrebbero voler modificare il gioco ed evitare di “far piangere” chi interpreta la figlia per cercare di cancellare il rimorso. Perchè i bambini attraverso i loro giochi ci comunicando tanto anche di quello che sta succedendo in casa, ci rimandano informazioni sulle dinamiche familiari che possono essere di difficile accettazione da parte nostra e allora siamo spinti ad intervenire, a cambiare la trama, anche se è proprio di quella trama che loro hanno bisogno.

Alcuni adulti hanno perplessità di fronte a giochi di guerra, pistole, armi, pensando che tollerando questi giochi venga comunicato il messaggio che la violenza sia accettata a scuola o in famiglia.

Questi dubbi hanno radici più intime e forse inesplorate, spesso adulti che non tollerano la rabbia sono adulti che hanno difficoltà ad adirarsi in maniera sana, che rifiutano l'aggressività in sé e negli altri, ma non è vietandola nel gioco che possono evitare che il bambino la sperimenti, anzi è proprio nel gioco che il bambino può sperimentarla per comprenderla.

Se nelle nostre intenzioni c'è quella di crescere dei bambini che non usino gli altri per sfogare la rabbia, dobbiamo tenere a mente che loro apprendono molto di più per mimesi che per quello che gli raccontiamo. Perciò se parliamo loro di quanto sia bella la pace, ma ogni volta che litighiamo col nostro/a compagno/a volano piatti o parole pesanti, possiamo stare sicuri che sarà quella la modalità che riproporranno nei conflitti. Stessa cosa se durante i litigi la tensione in casa è palpabile e può durare giorni, allora impareranno a reprimere i sentimenti, a mettere il "broncio".

Il modo migliore per crescere un bambino che abbia un rapporto sano con la propria aggressività è fargli vedere che siamo in grado di viverla senza riversarla sulle persone o senza implodere negandola, in questo modo il bambino “respirerà” il modo di agire dei suoi educatori o genitori e lo farà proprio senza neanche rendersene conto.

In realtà la lotta fisica oppure la guerra nel gioco simbolico, sono modalità utili per imparare l'autoregolazione; per capire quando si fa male a se stessi o agli altri; per imparare a dosare la forza e la carica emotiva; per elaborare paure; per sentirsi forti in un mondo dove spesso ci si sente impotenti di fronte agli adulti. In questo modo l'aggressività può trovare una strada sicura per essere vissuta e ridimensionata.

Mentre scrivo, penso ai romanzi e libri per l'infanzia che da piccola ho adorato, mi sono immedesimata in Pippi Calzelunghe di Astrid Lindgren, in tanti protagonisti dei testi di Roald Dahl. Alcuni di questi libri, letti da adulti potrebbero farci rabbrividire, faremmo fatica a comprenderli perchè abbiamo dimenticato come è essere bambini, ma sono letture salvifiche per l'anima dei piccoli, vanno contro l'indottrinamento, la morale nascosta che serve sicuramente di più a far fare sonni sereni ai grandi che a crescere animi nobili.

Potremmo chiederci, invece, perchè alcuni bambini prediligono certi scenari di gioco, assegnando ruoli, rivivendo determinate esperienze con continuità. Dietro a questa domanda c'è un mondo inesplorato.

Se alcuni loro giochi ci rendono inquieti la prima cosa da fare è chiederci perchè, cosa fanno risuonare in noi, perchè loro fanno esattamente quello che la natura li mette in condizione di fare: utilizzare gli strumenti che hanno per mantenersi psichicamente sani.






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