Parallelismi
- Mara- Sati Capitanelli
- 19 apr 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Un giorno una ragazza mi ha detto che se ti tieni un seme in bocca per qualche minuto, la pianta che crescerà, sarà ricca di tutti quei nutrienti di cui il tuo organismo era carente nel momento dell'incontro tra mucosa della bocca e seme.
Risplendeva di luce mentre raccontava, ed è anche per come veniva tramandata questa informazione che il racconto mi aveva affascinato tanto.
E poi ho pensato al bambino, che prima di nascere è embrione e poi feto, che nuota nell'acqua della vita.
Ho pensato che quest'acqua è portatrice di informazioni, le primissime informazioni recepite dall'essere umano, che sono i nutrienti dell'anima. Il feto si nutre di ciò che la madre prova, di ciò che vive, e quando viene al mondo la sua evoluzione ha già preso una strada oppure un'altra a seconda del clima emotivo in cui ha galleggiato nella vita intrauterina.
Ho pensato che queste creature hanno lo stesso potere curativo dei semi poichè vengono al mondo con informazioni specifiche volte a condizionare la loro spinta evolutiva. E cercheranno in tutti i modi di mostrare al mondo cosa manca al loro “organismo famiglia” per essere un ambiente sano, genuino.
Ho una pianta d'aloe in giardino.
Era sopravvissuta all'inverno perchè le foglie autunnali, cadendo, l'avevano ricoperta e tenuta al caldo, solo le punte di alcune foglie esposte si erano arricciate e seccate. Durante i primi soli primaverili avevo pulito l'aiuola e tagliato le punte secche. Era bella, di un verde acceso, ma passati alcuni giorni, mi sono accorta che le altre estremità delle foglie, quelle sode, che non avevo tagliato, avevano cominciato a rattrappirsi, ad ingrigirsi, quasi a voler testimoniare il dolore provato dalle punte che avevo tagliato.
Ora la pianta aveva tutte le estremità secche e marroni.
Anche i bambini all'inizio della loro vita comunicano a gran voce cosa loro manca, di cosa hanno bisogno e quando si affacciano alla cultura familiare, se sono accuditi in un ambiente che non li fa sentire compresi, che amputa loro alcune estremità, crescendo, escluderanno uno ad uno tutti quei comportamenti che intuiranno intollerabili per i genitori. Sacrificheranno le loro foglie più belle, più sane, per adattarsi all'ambiente in cui si trovano.
Perchè noi genitori facciamo così, abbiamo una famiglia ideale, i figli ideali, e quanto più queste aspettative si discostano dalla realtà, tanto più diventeremo esigenti, ipercritici, folli con i bambini.
Inizieremo a tagliare un po'qua ed un po' là finchè di quella essenza sarà rimasto ben poco. E' davvero difficile lasciar crescere i propri figli senza avere alcuna aspettativa sul loro essere, senza sentirli come una cosa propria che debba o non debba (a seconda delle opinioni) assomigliare a noi.
Verrà il giorno in cui rivendicheranno la loro essenza.
Come quel mirtillo che ho piantato anni fa e che è fiorito dopo quattro anni: lo innaffiavo, estirpavo le erbe che gli crescevano intorno, lo curavo secondo le mie credenze eppure non ne voleva sapere di mostrarsi, di dare il suo contributo alla vita. Non avevo visto le sue esigenze. Aveva bisogno di un terreno più acido, costantemente umido. Aveva bisogno di essere capito, oltre che accudito, per trovare la forza di esprimersi in tutta la sua sincerità.
Noi umani, come i vegetali, ci adattiamo all'ambiente come possiamo, i tratti della personalità che ci rendono unici, non sono altro che la somma delle difese costruite per ridurre il più possibile il dolore vissuto nei primi anni di vita. E siamo anche esseri in evoluzione, possiamo sempre ritrovare la strada per tornare ad essere fedeli a noi stessi, per resuscitare quelle parti di noi che avevamo ucciso.
Ma a volte non ci accorgiamo nemmeno di non stare vivendo, come il mio mirtillo, che era sopravvissuto benissimo senza mai fiorire. Sopravvissuto.
Mi piace pensare che ai bambini sia garantita la possibilià di sbocciare, ognuno nel suo particolare modo, senza troppe interferenze.
A questa possibilità ci avviciniamo soltanto se noi per primi, educatori, maestri, genitori, ci concediamo di essere quelli che realmente siamo. Se troviamo il modo di accogliere la nostra imperfezione, perchè in realtà, le aspettative che abbiamo su di loro, sono aspettative che abbiamo su noi stessi.
Concediamoci di realizzare i nostri sogni, per non dover più passare attraverso loro. Più ci avviciniamo al nostro centro, più li lasceremo liberi dalle nostre proiezioni, dai desideri di riscatto personali.
Impariamo a sentirci, ad ascoltarci, ad amarci.
Per poter essere spettatori delicati di quelle vite altre che non ci appartengono.
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