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Pedagogia sistemica


Ho sognato che c'era una famiglia. Soffriva. Gli adulti che ne facevano parte neanche lo sapevano di questo dolore. Tanto era, che era diventato normale. I pensieri neganti, le azioni frenetiche, le illusioni lo tenevano in vita senza sentirlo. Ma i bambini e le bambine sì che lo sentivano. Lo sentivano forte, si erano armati fino ai denti per proteggersi, alcuni si erano nascosti. E lo dicevano che il dolore c'era. Nel loro modo, così incomprensibile agli adulti. Ho sognato che questa famiglia non poteva più fare a meno di ascoltare. Affrontate le resistenze, decifrò i messaggi dei suoi bambini. Vide quelle ferite, anche se antiche erano aperte, pulsavano, dolevano. Ho sognato che la mamma iniziò a curare le sue ferite e anche a medicare quelle del papà. Poi cominciò il papà a medicarsi le proprie e ad aiutare la mamma a cambiare le garze alle sue, a metterci la pomata, ad osservare le piccole cicatrici che si andavano formando. Poi, insieme, si sono presi cura delle ferite che si erano aperte anche nei figli, che a forza di segnalare si erano stancati molto, spaventati, qualcuno si era rotto un po' qua, un po' là. Ho sognato che questi bambini andavano a scuola e che i loro genitori avevano raccontato ai maestri e alle maestre della loro convalescenza, con il cuore e la paura in mano, sperando di trovare l'accoglienza che essi stessi si stavano concedendo. Ho sognato che i maestri e le maestre hanno toccato con delicatezza i bambini feriti, li hanno osservati per poterli comprendere meglio e hanno scoperto di avere anch'essi dei tagli e dei graffi che di fronte ad alcune sofferenze sanguinavano di più. Si sono accorti che non riuscivano a sostenere il dolore dei bambini perché si presentava sotto forme diverse, alcune di esse risuonavano troppo forte in loro e li faceva vacillare, spaventare, negare. Ho sognato che gli insegnanti hanno spostato delicatamente l'attenzione sulle proprie ferite per provare a medicarle. Ho sognato che cominciavano a parlarsi, a condividere il proprio sentire, a sostenersi e sostituirsi laddove ce n'era bisogno. Ho sognato che più i maestri e le maestre si prendevano cura di sé più riuscivano a curare le ferite dei bambini. E loro, i piccoli, lentamente guarivano. I loro occhi brillavano, le loro spalle erano coperte, i loro piedi volavano.

Era un sogno, so che da qualche piccola parte è già realtà. E lo è anche dentro di me. A volte non ci credo ai sogni, perché anche io ero una di quelle bambine armate fino ai denti. Ma era così bello e luminoso, che per una volta voglio rischiare e ci voglio credere.

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