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Se ti brucia tanto, chiediti perchè

Un giorno mi sono ritrovata a lavorare in gruppo e c'erano tante cose che non mi piacevano nel modo di lavorare dei miei colleghi, alcune idee o comportamenti loro mi davano proprio il tormento. Alcune cose riuscivo ad esternarle e le superavamo insieme, altre mi facevano subito partire il giudizio.

Mi interrogavo sul perchè alcuni atteggiamenti o idee di altre persone mi dessero così fastidio.

Una delle funzioni di protezione dell'io che più mi affascina è l'identificazione proiettiva.

Si attiva in modo inconsapevole e come tutti i meccanismi di difesa, non lo pensiamo, ma lo viviamo.

Guardandomi dentro ed osservando chi avevo attorno, ho comprovato che quello che più ci indigna nell'altro, spesso, è quello che più rifiutiamo di noi stessi, ma che comunque ci caratterizza in quanto esseri umani. Piuttosto cozza con la falsa idea che abbiamo di noi, con il nostro ideale di perfezione.

Quando pensiamo con rabbia, fastidio, irritazione ai comportamenti o alle credenze di altri, allora è altamente probabile che stiamo proiettando, altrimenti questi pensieri non ci provocherebbero una così forte alterazione emotiva e saremmo in grado di esporci senza accusare o ridicolizzare.

Proteggiamo noi stessi ed il nostro delirante ideale di perfezione.

Uno specchio immediato lo troviamo nei social network, basta pensare a come cerchiamo di pubblicare la foto perfetta, la frase perfetta, e solo all'idea di poter scrivere una a senz'acca ci sentiamo profondamente a disagio.

L'errore è diventato un evento al quale fare attenzione in maniera particolare, una frustrazione molto forte per chi sbaglia, ed una irritazione enorme in chi lo vede.

Eppure nella nostra vita abbiamo probabilmente commesso più errori che raggiunto successi, l'errore sta alla base dell'apprendimento, ci comunica se stiamo sulla strada giusta. Perchè ne siamo terrorizzati? Quanto è fragile la nostra integrità se ad ogni errore che vediamo negli altri non riusciamo a reagire con calma e serenità, ma partiamo con i giudizi?

E' la nostra insicurezza a parlare, la nostra paura della critica. E se la nostra interpretazione del mondo, il grado di resilienza, l'autostima, si concretizzano nei primi tre anni di vita allora è di nuovo lì che dobbiamo guardare.

Pensiamo ad un bambino i quali genitori si relazionino con lui attraverso il sarcasmo, battute, allusioni: i bambini piccoli non hanno difese di fronte a questo tipo di messaggi, non riescono a separare il testo dal contesto e la comprensione del messaggio sarà difficile e confusa. Saranno portati a sminuire le proprie emozioni, a percepire la relazione con gli adulti come insicura.

Spesso dietro al sarcasmo si nascondono il disprezzo per la debolezza, la mortificazione, la critica o anche un'esagerata leggerezza.

Da adulto quel bambino si esprimerà nello stesso modo.

Giudicare negativamente, prendere in giro chi percepiamo come più debole è sempre una difesa per non far affiorare i propri sentimenti di impotenza.

Siamo così giudicanti perchè fin da piccoli siamo stati continuamente criticati, indirizzati verso il volere degli adulti.

Anche i giudizi considerati positivi come la lode sono comportamenti finalizzati a correggere il bambino per adattarlo alle aspettative genitoriali e scolastiche. Se il bambino sostituisce la motivazione intima e naturale che lo spinge ad agire (a raggiungere un obiettivo, a soddisfare un bisogno) con una motivazione che proviene dall'esterno, come il piacere che gli dà ricevere una lode, allora si allontanerà sempre di più da se stesso, la sua personalità sarà vulnerabile al giudizio altrui.

Pavlov ed i suoi cani ci hanno rallegrato per un po', tutto sembrava di semplice attuazione, ma l'essere umano ha una profondità largamente superiore alla mera applicazione di uno schema.

Quando il bambino si adatta ai desideri degli adulti, si mostra come essi si aspettano che debba essere e si identifica con un ideale di sé.

In questo modo da adulto continuerà a dipendere dal giudizio altrui, e da quello più difficile da individuare che è il proprio giudizio su se stessi.

E allora è abbastanza semplice capire il bisogno di perfezione per rifuggire dalla critica, troppo dolorosa da sopportare.

L'odio, la ridicolizzazione verso chi non la pensa come noi, sono sempre espressioni che nascono per non vedere la fragilità che ci caratterizza, che abbiamo deciso di negare a noi stessi.

Ma odio e amore, successi ed errori, invidia e apprezzamento, sono tutte facce della stessa medaglia, fanno parte di noi. Non siamo esseri segmentati, siamo sempre bianco e nero insieme, e questa dualità dalla quale siamo invasi è una bugia, è un modo distorto di osservare ciò che ci circonda.

Solo che è più rassicurante criticare chi sta fuori di noi piuttosto che prendere sul serio le proprie ferite psichiche.

Quando difendiamo con le unghie e con i denti un'idea, un concetto, un pensiero, chiediamoci perchè tutto questa tensione ne accompagna l'espressione, chiediamoci se in realtà non stiamo difendendo quelle parti di noi che non sono state degnate di interesse da chi ci curava.

Mi piace la proiezione perchè nel riconoscerla ci assiumiamo la responsabilità di come riversiamo i nostri sentimenti sull'altro.

E certamente alcuni atteggiamenti sono discutibili, anzi, ma se bruciano tanto in noi, è molto probabile che prima si debba passare per se stessi e accettarsi nella propria manchevolezza.

Solo dopo potremo essere sufficientemente lucidi per aiutare il collega/amico/partner ad evolvere.

Solo dopo riusciremo ad osservare la situazione dalla giusta distanza e saremo in grado di esporci con la calma adeguata per favorire il cambiamento, non per ostacolarlo.

E se stai leggendo questi pensieri e pensi che sì, calzano a pennello con l'idea che hai di alcune persone che conosci, sappi che stai proiettando.

E se mentre leggi queste parole pensi che non abbiano nulla a che vedere con te, allora ti aspetta ancora un po' di strada da percorrere.




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